C'è una cosa che mi dispiace molto della mia adolescenza. Che nessuno si sia mai accorto che c'era qualcosa che non andava in me. Stavo male, ero rabbioso, senza amici e nessuno ha mai pensato di prendermi da parte e dirmi "qui c'è qualcosa che non va".
È che finché studi, non ti droghi e non fai tardi il sabato notte, allora va tutto bene. L'importante è non fare casino, poi quello che ti succede dentro la tua calma e i tuoi silenzi sono fatti tuoi.
Se svuoti il frigo la sera prima di andare a letto è perché sei un golosone e fanno le battute. Se te ne stai per i fatti tuoi è perché sei misantropo (a 17 anni non sapevo neanche che cosa volesse dire, ho dovuto guardare sul dizionario per sapere cos'ero). Se ti piace leggere tanto è perché ti piace (no, è perché non ho nessuno e mi faccio compagnia così. Io avrei voluto tanto passare i pomeriggi a pomiciare, guarda un po').
Quello che mi dispiace è che avrei voluto avere degli anni spensierati, fare le cazzate che gli adolescenti fanno perché sono troppo stupidi per pensare alle conseguenze, fregarmene di tutto e di tutti e soprattutto, soprattutto non pensare.
E invece pensavo e riflettevo, anche perché avevo un sacco di tempo.
Penso che se qualcuno mi avesse aiutato, ma senza fare niente di speciale, solo capire e dire due parole, dare un consiglio utile ogni tanto, magari indirizzarmi verso qualche ineresse, avrebbe potuto salvarmi. C'era ancora tempo allora.
Invece no, e così sono dovuto andare incontro a tutto quello che è successo dopo.