21/12/12

Ventiquattro

Quello che mi ha sempre tenuto lontano dagli ambienti cattolici, benché nato e cresciuto in cattolicissime terre, è il loro sostanziale allontanamento dagli aspetti negativi del mondo. καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν, e non ci indurre in tentazione, recita la preghiera insegnata da Cristo.
 
Il perché è chiaro: è facile comportarsi rettamente quando si è lontani dal pericolo che le nostre azioni abbiano esiti turpi. Facile non farsi travolgere dal desiderio di beni materiali, quando si sceglie di vivere in povertà. Facile non farsi travolgere dalle passioni, quando si decide di stare lontani dalle donne. Facile essere santi, quando si decide di smettere di vivere come uomini.
 
Ma dall'altro lato, se non si vuole star lontani dalle tentazioni, è davvero difficile non diventare loro schiavi. Difficile non cedere al desiderio di denaro, o di vestiti, o di auto. Difficile non cercare continuamente sesso e piaceri.
 
Ma per me la via facile non porta a nulla. Non mi interessa la santità. Non mi interessa chi si tiene lontano dallo sporco per apparire candido in vesti candide. Facile avere la faccia pulita se non ti rotoli nel fango. Ma disprezzo chi gode nello sguazzare nei liquami.
 
Veramente vale chi è stato messo alla prova. Chi è caduto nello sporco e si è lordato e non si è trovato bene e si è rialzato e non può più dirsi pulito e non si mischia a chi sta nel fango.
 
Chi non si sporca mai è un angelo, chi grufola nella melma è una bestia. Ma chi ha il coraggio di entrare nella melma ed uscirne può dirsi uomo. Gli angeli stanno bene in cielo, le bestie nella stalla. Gli uomini possono camminare a testa alta in mezzo ad altri uomini.
 
Non mi fido di chi si presenta immacolato. Disprezzo chi si rotola nel fango. Ma sorrido a chi è stato gettato nello sporco e ne è uscito.  
 
εἰσενέγκῃς ἐμέ εἰς πειρασμόν: inducimi in tentazione, perché solo così potrò sapere se sono un uomo o una bestia. Se non mi indurrai in tentazione, crederò di essere un santo anche se sono una bestia.

3 commenti:

  1. Oh, cellophane... il tuo intervento mi tocca nel profondo. Ti bacerei. Straordinariamente consonante con quanto provo in questi giorni. Sono incazzatissima con Dio, prego per dirgli un continuo vaffanculo, non solum per le mie vicende (mi indigna di più la violenza sessuale perpetrata alla ragazza indiana: Dio dov'eri in quei 45 minuti? Non ti ha forse invocato, lei?), sed etiam. Ero un angelo, mi credevo tale, vita perfetta, aspiravo perfezionisticamente ad esserlo, per 40 anni. Poi la caduta, con anche corresponsabilità maritale, ma con colpe soprattutto mie. E la separazione.
    Ma possiamo dirci "liberi" davvero quando commettiamo il -sedicente- male? Se un'azione sbagliata è compiuta a freddo, in piena avvertenza e deliberato consenso, possiamo farcene carico in toto, ma se un comportamento è anche, perlopiù, frutto di fragilità, immaturità, disagio, inquietudini che vengono da lontano, è esso veramente rivelatore di una nostra "cattiveria"?
    E ancora: nel Vangelo c'è la figura, affascinante, del figliol prodigo, che combina un sacco di cazzate e poi viene reintegrato. Perché io no? Perché il mio "errore" è irreversibile? Ho sbagliato, dovrò pagare per sempre con la solitudine? E tutta la "bravura" di prima non vale niente?
    Io lo so che la mia etica non è mutata, i miei valori umani permangono; anzi, lo sbagliare mi ha fatto decisamente evolvere da bambina bisognosa di approvazione a donna; il perdere molto (no, non tutto: lavoro bellissimo, figli, casa mia, amici, parenti...) mi ha reso più umile, tollerante, aperta all'accettazione di tutto quanto possa accadere: "ogni cosa è illuminata"). Però accidenti all'idea di non invecchiare vicino ad una persona per cui sono speciale, che è per me speciale, o a quella di non trovare mai più un uomo libero decente, non mi ci sono ancora abituata.
    Condivido tutto quello che hai scritto -e infatti come sono bigotti coloro che non sbagliano mai, come ne sono piene le parrocchie...- e ammiro la solidità con cui lo affermi. Io cammino, ci provo... pian piano arriverò a sentirmi ancora degna, nonostante la caduta.
    "E dacci oggi il nostro pane quotidiano". Grazie del tuo cibo di oggi.
    ciao

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  2. Se non sei caduta, non puoi sapere se sei degna.
    Se sei caduta e hai saputo rialzarti, sei degna.
    Se sei caduta e non ti sei rialzata, non sei degna.

    E da come scrivi, mi sembra che tu ti sia rialzata.

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    1. E tu cammini a testa alta, cellophan.
      Sorriso

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