13/10/12

Ventidue

Ai miei pochi lettori credo sia abbastanza chiaro che l'ultimo periodo è stato particolarmente difficile per me. Una serie di fattori coincidenti hanno sbattuto contro la mia vita e mi sono trovato a dover pensare e riflettere se l'intero percorso fatto finora era giusto o sbagliato.
 
Insomma, mi sono trovato a chiedermi se ad oggi ho fallito su tutta la linea o se ho fatto quello che era giusto fare. Ho voluto farmi questa domanda, mettermi in dubbio completamente, e nella ricerca di una risposta mi sono perso per molti mesi.
 
Gli è che io, quando qualcosa va male, divento spietato giudice di me stesso. Istruisco un processo senza difesa e vado avanti finché serve, finché non c'è più niente da analizzare, tutte le carte sono in tavola e la sentenza è pronta ed ineludibile.
 
Sono andato avanti così per più di un anno, un anno di lacrime e sangue (vere le prime, figurato il secondo), in cui mi sono messo alla gogna e mi sono forzato di tirare fuori tutto. Ma ora il processo è finito. Perché mi sono infine fatto la domanda giusta:
 
Sono diventato l'uomo che avrei voluto diventare?
 
E la risposta è sì. Sono quello che avrei voluto essere quando ero ragazzino e quello che avrei voluto essere quand'ero un giovanotto inesperto. Ho vissuto secondo i valori che mi ero imposto di seguire, ho raggiunto gli obiettivi che mi ero prefisso e nel percorso ho superato situazioni che erano potenzialmente distruttive.
 
Ho fatto un sacco di errori, questo sì. Mi rendo conto che tante scelte sono state sbagliate, ma sono pronto ad accettare gli errori e sto pagando in prima persona. Non ne attribuisco a nessuno la responsabilità e non mi faccio piegare dagli errori. Li custodisco e li tengo quale monito a non ripeterli in futuro.
 
So di essere imperfettissimo, ma ora so dove lo sono e perché. E ora che so per certo quali sono i miei difetti, ora che so quali sono i miei problemi, ora che li ho accettati, mi sento forte come non mi ero mai sentito prima. Ed è strano, perché non mi sono mai sentito forte in vita mia, ma ora ho acquisito questa sorta di calma interiore che mi fa sentire saldo al terreno, inamovibile al vento e alle onde di burrasca.
 
E mi fa sentire così bene...

6 commenti:

  1. Caro Cellophane,
    duro ma lucido e determinato, il tuo testo. Pur se non con toni così drammatici, tuttavia mi trovo a fare riflessioni simili, a dire a me stessa un chiaro e netto "ho sbagliato". Mi racconti meglio come hai fatto ad acquistare calma e saldezza e forza, dopo un anno di impietosa autoanalisi e tribunale? Ti dici saldo e inamovibile perché ormai pienamente consapevole -ma magari cinico e disincantato- oppure perché hai raggiunto un equilibrio, ti sei un po' assolto, sei divenuto più dolce verso te stesso, indulgente?
    Grazie

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  2. Ciao :-)

    No, cinico e disincantato magari lo ero da ragazzino o poco più, oggi non lo sono per niente. Diciamo che ho imparato a distinguere tra tutte le cose brutte le cose belle, a goderne e a schivare quelle brutte.

    Credo sia proprio consapevolezza la mia, di come sono fatto. Consapevolezza che mi fa capire i difetti e non mi fa diventare arrogante o superbo, ma che mi permette di comprendere anche le qualità.

    Assolto no, mai :-) Mi tengo sempre alla corda, perché è facile lasciarsi andare. Ma come scrivevo in qualche post precedente, mi accorgo che ormai sono diventato la persona cui tutti si rivolgono quando hanno bisogno di consiglio, quando qualcosa non va.

    Ed è stranissimo, perché per tutta la vita sono stato io quello in cerca di sicurezze e punti fermi.

    È che da sempre ho cercato di essere una persona onesta, leale, rispettosa e affidabile. Ho sempre fatto in modo di potermi svegliare la mattina, guardarmi allo specchio e non avere vergogna, non avere azioni di cui giustificarmi.

    Per anni l'ho pagata cara, perché - onestamente - vivere secondo onore, parlando poco ma facendo di tutto perché la tua parola valga qualcosa, ti mette in rotta di collisione con gli altri. Non scendere mai a compromessi, scegliere sempre, nei limiti dell'imperfezione umana, il giusto rispetto all'utile, ti tiene lontano dalla stragrande maggioranza delle persone.

    E questo è difficile. È difficile vivere al meglio delle proprie potenzialità quando immancabilmente chi ti sta intorno ti dice che prendi tutto troppo seriamente, che non ti pieghi mai, che non sai mediare.

    Ma adesso che sono cresciuto so che ho vissuto come volevo vivere, so che la mia parola vale, sono consapevole del mondo che mi circonda. E se a qualcuno non va bene che io non pieghi mai la schiena, non mi interessa.

    Io ho deciso di vivere con la testa alta, sempre; altri no, altri si piegano per convenienza, o per paura, o per abitudine. Loro non andranno mai d'accordo con me, me ne sono fatto una ragione.

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  3. L'importante è però sentire di poter avere almeno qualcuno a cui piaci così come sei (amico, parente, non necessariamente partner); otherwise è durissimo mantenersi in tale consapevolezza... ben che tu ci riesca indipendentemente dal giudizio altrui. Io ci sto provando, me la cavo bene, nel complesso, ma alla singletudine, o al fatto che attualmente (perse due storie importanti) agli uomini che ho intorno piaccio "a pezzi" (o sono bellissima, o sono intelligentissiam o sono bravissima prof, o sono saggia amica consigliera, o..., o...) ancora mi devo abituare. E quando l'autonomia sarà subentrata, spero di condividerla con un uomo!
    Buoni giorni, grazie sempre delle tue riflessioni.

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  4. L'importante è però sentire di poter avere almeno qualcuno a cui piaci così come sei

    È vero, però, siccome non c'è, bisogna arrangiarsi con quel che si ha :-)

    è durissimo mantenersi in tale consapevolezza... ben che tu ci riesca indipendentemente dal giudizio altrui.

    Come in tutte le cose ci vuole tanta pratica, che io ho per forza di cose esercitato da quando sono adolescente.

    Grazie a te dei commenti :-)

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  5. Non scrivi più?

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  6. Eh lo so, un po' di pazienza :-)

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