29/09/12

Venti

Non conosci davvero qualcuno finché non ci combatti.
Seraph - The Matrix Reloaded       



La prima volta che ho sentito questa frase ho pensato "bella cazzata". Col tempo però ho capito che è una frase molto, molto saggia, soprattutto se intesa in senso più ampio, non solo di scontro fisico. Ma è sul ring, con lo scontro fisico, che l'ho imparato.

Affrontare fisicamente un avversario è un'esperienza che spazza via in un momento tutte le sovrastrutture che ci creiamo. Psicologicamente ha un impatto fortissimo che spoglia di ogni orpello e mette a nudo l'io più profondo e istintivo. Poiché non è più possibile, come si fa fuori dal ring, evitare, mediare, mentire a se stessi, la mente si resetta, mentre lo stress e la paura mettono a tacere tutte le inibizioni che normalmente si hanno e lasciano via libera a quello che c'è dietro quelle inibizioni.

E si capisce di che pasta si è fatti e di che pasta siano fatte le persone. Per la mia esperienza, la maggioranza delle persone agisce in base a due regole:

1. sopravvaluta la durezza dei colpi ricevuti e minimizza la durezza dei colpi inferti
2. è forte con i deboli e debole con i forti

Sia chiaro che non mi riferisco ad agonisti di buon livello o a professionisti. Per queste persone la componente emotiva della lotta perde progressivamente valore e viene sostituita dall'abilità, dalla tecnica, dall'intelligenza. Ma per chi combatte per le prime volte oppure in maniera del tutto amatoriale, l'emotività sta alla base dell'azione.

Tipicamente chi è agli inizi ha paura. E la reazione alla paura, nella maggior parte dei casi, è cercare di colpire fortissimo con il maggior numero di colpi possibile. Se mettete due principianti nel ring, dopo qualche secondo li vedrete menare colpi alla cieca, senza preoccuparsi di proteggersi o di non far male all'avversario. Dopo qualche decina di secondi entrambi saranno esausti e non avranno procurato particolari danni.

Se una persona considera l'avversario inferiore, si può star certi che cercherà di colpire forte, molto forte. Se considera l'avversario superiore, farà di tutto per minimizzare lo scontro e i colpi saranno più deboli, perché sa che colpire forte provocherebbe una reazione dell'avversario.

Siccome in palestra le donne, essendo di solito minoranza, devono combattere contro gli uomini per imparare, è interessante vederle in azione. Le prime volte non tenteranno nemmeno di dare un buffetto all'uomo. La reazione è naturale: l'istinto primario della donna è quello di evitare a tutti i costi lo scontro fisico con l'uomo, perché è perso in partenza. Quando poi capisce che può portare i colpi senza paura di venire pestata, perché gli uomini di certo non se ne approfittano, allora sì che comincerà a mollari sganassoni fortissimi e posso assicurare che bisogna starci attenti.

Ma mettete due donne a combattere insieme, e allora sì che vedrete le botte serie. Due donne sul ring sono uno spettacolo che non capita spesso di vedere, ma di certo se qualcuno pensa che siano gli uomini i violenti, dovrà cambiare idea. Come si picchiano due donne, non si picchia nessuno. Parola.

E io? Io quando combatto sono naturalmente propenso a tenere il livello dello scontro basso, mi piace concentrarmi sulla tecnica, migliorare la tattica e evitare di farmi male inutilmente (non sono un agonista, non ho nessuno vantaggio a mettere KO qualcuno o a farmi tagliare la faccia). E agli inizi avevo - come tutti - paura dei colpi, così il mio atteggiamento era "vedi, io non meno forte, non menare forte nemmeno tu".

Peccato che questo atteggiamento venga sistematicamente mal interpretato come un segno di debolezza e quindi più io cercavo di mantenere lo scontro tranquillo, più gli altri aumentavano l'intensità. All'inizio non sapevo bene come reagire e diventavo remissivo, evitando gli scontri e incassando più o meno bene i colpi più forti. Ma poi ho capito. Quando qualcuno comincia a pestare, bisogna pestare più forte. Quando l'avversario si prende due o tre bei cartoni sulla faccia, immediatamente abbasserà il livello dello scontro e ci penserà due volte prima di venirvi addosso alla cieca.

La situazione tipica è quella dello sparring. Per scelta io comincio sempre molto tranquillo, per i motivi che ho detto. Il mio avversario comincia a menare colpi molto forti e magari anche a caso. A questo punto rispondo con una lunga combinazione di colpi forti e mirati, in modo che l'altro si ritrovi per qualche secondo a non capire più da dove arrivino, ma a rendersi conto che sta per farsi male. Da quel punto in poi si calmano tutti. Spesso si lamentano che meno troppo forte, al che rispondo semplicemente "hai cominciato tu", allargando le braccia come a dire... non ci posso fare niente... e piagnucolano, ma non me ne preoccupo perché la mia preoccupazione è tutelarmi, non prendermi cura dei sentimenti offesi di chi mi mena.

Quando ho razionalizzato questi comportamenti, mi sono immediatamente reso conto che le stesse situazioni si presentavano nella vita di tutti i giorni. Per natura evito lo scontro e per anni sono rimasto sbalordito quando avevo qualche problema con qualcuno per quanto si accanissero contro di me. Più io cercavo di abbassare il livello di aggressività, più loro lo alzavano, mentre io diventavo remissivo e infine, poiché nella vita si può, lasciavo perdere.

Il mio atteggiamento veniva percepito come sintomo di debolezza e allora gli attacchi si facevano sempre più forti, finché io mollavo perché non capivo il senso di tutta quella violenza. Allora ho provato a cambiare. Mi son detto, proviamo a fare come nel ring. E funziona.

Oggi se mi capita di avere uno scontro con qualcuno, mi comporto come quando faccio sparring. Cerco di mantenere il livello dello scontro basso, perché, se allo scontro ci si è arrivati, non vuol dire che bisogna farsi male a vicenda. Se l'altro capisce, bene... se inizia ad approfittarsene perché pensa che non ci saranno conseguenze, rispondo colpendo più forte. E funziona.

Per come la vedo io, quando due persone litigano si comportano come due principianti sul ring: menano come matti alla cieca finché non restano senza fiato, senza che nessuno dei due ottenga alcun risultato particolare, se non qualche livido di poco conto.

Quando qualcuno litiga con me, di solito fa lo stesso: arriva di corsa menando colpi. Solo che mi sottovaluta. Uno dei tanti vantaggi di essere empatico è che, oltre a capire facilmente le persone, so anche come far loro male. Così dopo che si è sfogato con tutta la rabbia che aveva in corpo, si accorge con stupore che non mi ha fatto niente e, dopo, si vede arrivare addosso la risposta, con gli interessi. Ormai è da qualche tempo che quando qualcuno decide di caricarmi a testa bassa si trova un sacco di lividi in faccia.

Personalmente non giudico le persone per quello che mi fanno. Tutti possiamo sbagliare, tutti possiamo ferire qualcuno avendo agito con le migliori intenzioni. Però valuto le persone da come si comportano nello scontro che ne segue.

Se vedo che nello scontro cercano di farmi male, io faccio loro tanto, tanto male. Se vedo che nello scontro cercano solo di far valere le proprie ragioni e di spiegarmi il loro punto di vista, già solo per quello sono pronto a stringere loro la mano.

Mi è già capitato di scontrarmi con qualcuno a causa di comportamenti miei. Dopo essermi scusato ed aver ammesso l'errore, dopo aver abbassato la guardia per stringere la mano, l'altro ha provato a colpire ancora e ancora e ancora. E lì ho capito che questa persona semplicemente non valeva il tempo e la fatica che le stavo dedicando.

Ma mi è anche capitato di scontrarmi con qualcuno e avere visto come si è comportato e alla fine di stimarlo molto più di prima. Perché se quando sei incazzato nero mantieni il rispetto di chi ti sta di fronte, probabilmente manterrai quel rispetto sempre.

La mia regola è: evita lo scontro a tutti i costi. Se arrivi allo scontro, comportati con lealtà e rispetto. Se l'altro cerca di farti male, hai il diritto di difenderti e metterlo al tappeto.

5 commenti:

  1. Sapersi difendere quando qualcuno vuole farci del male è un atto di rispetto e amore nei propri confronti. A volte ci si riesce un po' tardi ma l'importante è arrivarci. Ciao :-)

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  2. C'è che nonostante tutto rimango ogni volta sorpreso quando qualcuno cerca di farti del male, anche perché non lo fanno apposta, quindi è doppiamente difficile aspettarselo e di solito sono le persone che dovrebbero esserti più vicine...

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  3. A volte le persone non lo fanno apposta ma ai fini del dolore e della delusione che provi, non cambia molto. La sorpresa è comunque un buon segno. Se non ci fosse vorrebbe dire aspettarselo sempre e vivere perennemente in guardia. E quella non sarebbe vita.

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  4. Bel pezzo! Grazie! Proverò anch'io ad applicare questa lezione di vita del pugilato, ché di solito ho un po' paura del conflitto e tendo ad essere remissiva. Ci ho già provato una volta, ad accettare il litigio se l'altro/a incalzava, e avevo paura, paura... di che? Cosa mai sarebbe potuto accadere? E ho provato. Beh, con mia sorpresa, anziché rifiutarmi o allontarsi per sempre da me (la perdita, temevo, l'abbandono), la persona in questione (un uomo con cui avevo una semi-relazione) ha capito, reagito, e addirittura il giorno dopo mi ha chiesto scusa lui (io gli avevo detto "vaffanculo"). Sì, il coraggio di sostenere il conflitto, gestirlo, anche se bisogna rispondere duro ai colpi. Per me è un coraggio che ho acquisito/sto acquisendo da adulta.
    Bello sprone!
    Ciao Cellophane

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  5. Grazie a te :-)

    Quello che vedo di positivo in me è che ho ancora voglia di cambiare e migliorarmi. Ho perso tante persone per strada, a volte per colpa mia, troppo spesso per colpa mia, ma sono ancora qui che guardo avanti e penso che domani sarò migliore di ieri.

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